13/11/12

LE ABITUDINI - TRE TIPI DI MENTE

La mente non è un unicum, ma una serie di istanze differenti…La base di fondo che determina le abitudini e i conseguenti attaccamenti, è che la mente lavora per ottenere il massimo rendimento con il minimo sforzo. La parte della mente che ci crea così tanti problemi è quella parte che è fortemente legata al corpo e che obbedisce al comando di sopravvivere. Le abitudini, le paure, le rabbie, le angosce sono tutte “reazioni” della mente legata all’idea della sopravvivenza. Vale per la paura dell’abbandono, per la rabbia di fronte ad una minaccia, per l’angoscia di fronte ad un pericolo come una malattia grave, una perdita di lavoro ecc. Le abitudini sono manifestazione della sicurezza, sono procedure consolidate che danno sempre un vantaggio psicologico, sono codifiche della mente che danno tranquillità. Le abitudini sono sempre tranquillizzanti. Diverso è il caso dell’io. Qui c’è in gioco una “mente” molto diversa e al contempo più evoluta…ma molto, molto intessuta e collegata con la prima. L’io è sede della volitività, dell’energia ed entra in contrasto con la mente del livello corporeo. Desidera la libertà e l’immortalità, ma anche servirsi dei piaceri del corpo. Vuole vivere e mettere sotto controllo la mente della paura. E’ quella che Aurobindo chiamava “il vitale”. Questo tipo di mente non è abitudinaria, ma anzi innovativa e coraggiosa, ma al contempo è anche presuntuosa e crede di conoscersi molto di più di quanto non si conosca davvero. E’ conscia di esser-ci e vuole essere al “centro” della persona, essere protagonista. Questa consapevolezza di sé è carica di desiderio di affermazione….vuole espandersi, esprimersi, avere potere. E’ l’Ego. Il suo rendersi conto di esser-ci, comporta che entri spesso in competizione con gli altri per “affermarsi”. Percepisce la realizzazione con l’acquisire dall’esterno…usa molto “l’avere”, invece dell’essere. Questo tipo di mente usa molto la logica raziocinante per “muoversi” e se quindi una cosa ad esempio, la vuole, non pensa che può rinunciare a volerla ma pensa che occorra “prenderla”. Questa mente operando su logiche prevalentemente di potere, tende ad incorporare le logiche del corpo e a tenerne conto e quindi usa le paure, i vincoli della vita materiale a suo vantaggio…ciò si traduce nell’usare tutte le opportunità che si presentano per ottenere i risultati desiderati. Essa è fortemente incarnata in questa vita, ne sposa le regole. C’è poi la mente che riconosce che lo stato delle cose nella realtà sono diverse da come appaiono e che sia la mente del corpo che l’ego agiscono all’interno di regole che sono limitanti e che il seguire queste regole non porta alla libertà ma a situazioni solo di provvisorio sollievo. Quando questa mente comincia ad agire, essa si mette a combattere gli schemi delle altre due e di norma opera “controcorrrente” . Lotta contro le abitudini, contro le paure della mente inferiore, contro i miraggi e le presunzioni dell’ego, e cerca lo sganciamento da queste logiche. Questa è di fondo l’anatomia dei tre tipi di mente che però sono indissolubilmente intessute l’una nell’altra. Per cui è arduo riconoscere passo passo, quali delle tre stia operando. Quando la terza mente, la mente filosofica, riesce a mettere sotto dominio le altre due, deve poi procedere alla sua autoeliminazione per entrare nella libertà incondizionata, il Nirvana, il Regno dei Cieli.

LE RICCHEZZE INTERIORI

Vangelo di Luca 18:18 -25 Uno dei capi lo interrogò, dicendo: «Maestro buono, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio; non uccidere; non rubare; non dir falsa testimonianza; onora tuo padre e tua madre». Ed egli rispose: «Tutte queste cose io le ho osservate fin dalla mia gioventù». Gesù, udito questo, gli disse: «Una cosa ti manca ancora: vendi tutto quello che hai, e distribuiscilo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, udite queste cose, ne fu afflitto, perché era molto ricco. Gesù, vedendolo così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli che hanno delle ricchezze, entrare nel regno di Dio! Perché è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio». COMMENTO: Questo brano del Vangelo sembra essere un atto di accusa verso la ricchezza, ma non è esatto. L’uomo che interroga Gesù è sinceramente interessato alla “vita eterna” ed infatti è un fedele israelita che segue i comandamenti mosaici e ha la convinzione di essere a buon punto secondo la logica e la prassi che la comunità ebraica chiedeva ai suoi membri. La totale aderenza ai comandamenti sembra esser per lui un buon viatico per ottenere credito verso il Signore. Inoltre riconosce in Gesù un maestro autorevole, al punto che chiede a lui cosa debba fare per essere degno di meritarsi il “premio”. Gesù gli dice, facendo anche trasparire una certa approvazione verso l’uomo, che gli manca una sola cosa per essere perfetto. Liberarsi della sua ricchezza, darla ai poveri e, si noti, poi seguirlo. Questa richiesta lascia impietrito l’uomo facoltoso. Non pensava che questo potesse essergli richiesto. Secondo la visione ebraica, la ricchezza era segno della benevolenza di Dio e quindi meritata. Una ricompensa per il rispetto della legge…un anticipo di premio di vita eterna. Si noti che l’uomo rimane afflitto e non adirato. Sembra quasi comprenda che c’é qualcosa che gli impedisce un progresso spirituale ulteriore. Gesù osserva con dolore, quasi con empatia, la tristezza dell’uomo e sottolinea ai presenti la difficoltà di liberarsi delle ricchezze. Ma le ricchezze non sono solo e tanto le ricchezze materiali, sono soprattutto le ricchezze mentali, le cose che nella nostra mente riteniamo troppo importanti per lasciarle andare, le cose che vogliamo tenerci strette. Sono le nostre paure e le nostre bramosie. Le nostre fissazioni e convinzioni, sono tutte le cose “di cui non possiamo fare a meno”. La ricchezza qui è vista come negatività, perché è ciò di cui lo spirito non ha bisogno davvero per esser felice, ma anzi ne rappresenta l’ostacolo. Così come le ricchezze sono puntelli alla paura del futuro, le nostre convinzioni sono puntelli alla paura della perdita di controllo, dell’abbandono alla fiducia e alla fede. Ci teniamo strette le nostre ricchezze materiali e psicologiche perché non crediamo che ce la faremmo senza. E quindi ne siamo schiavi. Eccheggia molto chiaramente in questo brano l’argomento principe della speculazione buddista. La condanna del desiderio e della schiavitù che questo porta allo spirito. Fino a quando l’attaccamento alle cose e ai concetti permane nella mente, è più facile che la testa di un cammello passi per……l’impassabile, piuttosto che una mente ricca di attaccamenti raggiunga il Nirvana, il Regno dei Cieli e la Vita Eterna.

SOGNO E DESIDERIO

Il sogno è un'aspirazione ed è verso l'esterno, è centrifugo. Il desiderio, invece, è verso l'interno, è centripeto. Il sogno è creativo, da' al mondo e non provoca sofferenza se non è realizzato. Il desiderio non dà nulla agli altri ma vuole solo per sè... è fame, e dà dolore se non realizzato. Il sogno è progetto, il desiderio è mancanza. Chi sogna è felice di fare, indipendentemente dal risultato, chi desidera è infelice fino a quando non ha il risultato. Il sogno dà. Il desiderio prende. Il sogno della pace, ad esempio, come tutti i sogni ha la caratteristica del progetto e della donazione e parte già dalla conoscenza che la cosa non c'è, altrimenti non la si sognerebbe, ma diversamente dal desiderio non crea "sete" di averla, senza la quale non c'è pace interiore...anzi chi sogna la pace spesso ha già raggiunto la sua pace dentro di sè. Non è quindi un "bisogno", ma un'aspirazione...si apre verso l'esterno e la felicità di chi sogna non dipende dalla sua realizzazione. Diversamente invece è “volere” la pace, desiderarla ad ogni costo, arrivando anche ad imporla...in questo caso può essere sì un desiderio da soddisfare con ogni mezzo, magari con le atomiche. Ciò che fa la differenza è sempre la natura obbligatoria o meno del sentimento. Ma riconosco che il confine è sottile e facilmente attraversabile....quando una grande aspirazione diventa desiderio, pulsione, necessità assoluta, si passa quella linea sottile che distingue lo zelo, dall'eccesso di zelo, la passione dall'ossessione. La parola "volere" introduce desiderio...e questo di per sé provoca una caduta di felicità, perchè si sostituisce la leggerezza della gioia con la pesantezza della volontà