10/12/09

IL GESU' DIVINO: UN APPROCCIO DIFFERENTE ALLA MESSIANICITA'

Nel vangelo di Giovanni c’è all’apertura, il famoso verso:
Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio.
Questo verso è uno dei più accreditati dalla Cristianità per sostenere la divinità e messianicità di Gesù Cristo.
Mi piacerebbe affrontare questo passo da una prospettiva diversa per evidenziare i punti di connessione con la filosofia e la religiosità orientale.

Il passo evangelico dà due concetti ben distinti.
Primo: afferma che la Parola e Dio sono Due cose distinte.
Secondo: afferma che le due cose sono una.
E’ ovviamente violato il principio dell’identità e della logica, e cioè secondo la logica se A è diverso da A, allora abbiamo una non identità e cioè significa che ci devono essere una A e un non A (per esempio B).

L’affermazione è una violazione al principio di identità.

Come è possibile dare allora un significato coerente a una tale affermazione?
E’ evidente che occorra introdurre un concetto di dinamismo per rendere non contraddittoria l’affermazione.
Se la Parola era con Dio ed era Dio, occorre introdurre il concetto di emanazione. La Parola era un attributo di Dio, ma non fenomenico, era “in nuce” ma non espressa. Fino a quando, o meglio fino a che concettualmente non viene espressa essa non è esistente, si potrebbe dire che è noumeno e non fe-noumeno.
La parola ad un certo momento viene espressa e quindi fuoriesce da ciò (o Chi) la esprime e diventa fe-noumeno percettibile, esistente, dinamico. La percettibilità della Parola è tale solo dal punto di vista di chi la può intendere, per cui “il fenomeno” è tale per alcuni e non per altri.
Poniamo un esempio geometrico: se consideriamo un quadrato composto da due triangoli uguali con l’ipotenusa in comune, abbiamo una figura che è un quadrato, ma anche due triangoli, e in effetti ciò che esso è, AI NOSTRI OCCHI, dipende dal nostro modo di percepire e scegliere ciò che desideriamo considerare. Possiamo del pari dire che il quadrato è anche triangolo, perché questo ne è parte costitutiva (senza i due lati il quadrato NON sarebbe) ed è CON il quadrato perché ne è incluso. Se inoltre non avessimo il concetto di ipotenusa, ma solo il concetto di diagonale del quadrato, non sapremmo riconoscere il triangolo, ma vedremmo solo un quadrato con una diagonale.
Nel momento in cui ci viene dato il concetto di triangolo, possiamo “riconoscerlo” ed esso si MANIFESTA. Ciò però non ci autorizza a dire che il triangolo non pre-esistesse alla sua manifestazione, ma solo che ci era precluso il ri-conoscerlo.

E così che nel momento della MANIFESTAZIONE, avviene il mutamento percettivo e la Parola (triangolo) esce dal (concetto di) quadrato (DIO) per divenire qualcosa di diverso, eppure eguale.
Nel momento in cui il triangolo si palesa esso non è più quadrato, ma una sua manifestazione, e per lo stesso fatto è differente dal quadrato, pure essendone parte costitutiva e con-sostanziale.
Allo stesso modo, la Parola è parte di Dio, ma al contempo ne è differente e in effetti nel processo di manifestazione subisce una “diminutio” passando da noumeno a fenoumeno: in questo contesto è possibile ricomporre l’apparente incomprensibilità di Giovanni 1:1 e segnatamente la diatriba sempre presente sulla natura del Cristo e sulla sua perfetta identificazione del Nazareno con il Creatore.
Il concetto di emanazione aiuta a focalizzare il concetto che Dio non va antropoformizzato e “fenomenizzato” come attore della Storia, in aperta contraddizione con l’assoluta perfezione del motore immobile fuori dal tempo e dagli accadimenti, come colui che esiste prima dei tempi e oltre i tempi.
Ma pensare ad un Dio puro noumeno, non “c’azzecca” con il Dio vicino, che ama e salva, che aiuta, che è vicino, che è Persona.
Ma un Dio “emanato” da sé, che in una certa misura si “trasforma” si “avvicina” si fa “prossimo” ritorna ad essere il Dio-Uomo a cui l’uomo può rivolgersi.

Ma giunti a questo punto abbiamo il problema dell’identità: il Dio che si emana dal sé e si manifesta all’uomo è ancora Dio Creatore? Evidentemente no, perché nel momento in cui Dio PARLA di Dio, non è più Dio, ma il suo MESSAGGERO, il suo MESSAGGIO, il suo MESSIA, il suo INVIATO.
Ora: come fa l’uomo a ri-conoscere il VERO messaggio? Come si riconosce il messaggio di Dio? Se escludiamo la fede, che è momento adesivo a-razionale e che non ha possibilità di essere DIMOSTRATA, e può essere esercitata nei confronti di QUALSIASI messaggio, come riconosciamo il VERO messaggio?
Chi ha fede in Cristo ci parla della Resurrezione e dei segni che avrebbero accompagnato la vita di Gesù. Ma anche questo è oggetto di discussione, di contestazione, aggredendo la fede dal punto di vista dell’attendibilità dei testi, della difficoltà di provare la storicità dei fatti raccontati. Cosa ci rimane di VERO?
Ci rimane il messaggio; ci rimane il MESSAGGIO. Perché? Perché l’analisi del messaggio è intellettivamente possibile. E’ la porta che ci consente di CAPIRE dove il messaggio, se applicato, porterebbe.
Il messaggio del Vangelo, , se applicato, segna una VIA che porta ad una VERITA’ che porta alla VITA dello Spirito. Questo è DIMOSTRABILE logicamente, psicologicamente, spiritualmente.
Se quindi il messaggio è via, verità e vita, chi lo esprime essendone il messaggero è MESSIA, e, in virtù di una completa identificazione del messaggio con il messaggero è anche Verbo (personificazione della parola) e quindi il messaggero è VIA, VERITA’ e VITA.