23/02/12

BUDDHISMO: DISTACCO E PASSIONE


Una delle cose che maggiormente lascia sconcertati o anche freddi nei confronti del Buddhismo è questa insistita sottolineatura del distacco. L’estinzione della sete di esistere, così caratteristica del Buddhismo, appare al pensiero occidentale come troppo lontana dal modo di vedere progressista dell’occidente, che dell’azione, della forza dell’uomo al cambiamento delle condizioni materiali, del progresso tecnologico, ha fatto la sua essenza filosofica e pratica.

Per l’occidentale medio il Buddhismo appare come una filosofia della rinuncia alla vita….una sorta di nichilismo esistenziale…un’idea dell’esistenza che porta al rifiuto della vita, al tentativo di affrancarsi da essa, per assurgere a vita spirituale (nirvana) non meglio specificata e comprensibile.

Seppure l’occidentale mediamente avveduto ed accorto abbia già da tempo prese le distanze dalla filosofia dell’avere e della ricchezza, dell’accumulo delle cose, che più radicalmente era il credo del primo dopoguerra, la tendenza è comunque sempre quella di pensare in termini di cambiamento della società, in un’ottica appunto progressista.

Il ricercare nuovi modelli di sviluppo, basati sull’energia sostenibile, il ricercare nuovi approcci politici, più rispettosi delle differenze culturali e religiosi dei popoli, la ricerca della pace per il mondo, tutte queste istanze tipiche del mondo new age, molto incentrate sulla spiritualità e sull’avere il necessario e non il superfluo, sono segni di ricerca di coniugare messaggi spirituali e progresso materiale che consentino un po’ la “quadratura del cerchio” tra il distacco spirituale e l’impegno tipicamente occidentale nel “cambiare il mondo”.

Non posso negare che questo approccio trova tutta la mia simpatia….ben venga tale approccio umano alle questioni economiche, sarebbe davvero ora.

Ma…

Occorre, se si vuole essere rigorosi nell’esplicazione delle conseguenze insite nello seguire un percorso spirituale, capire cosa un insegnamento come il Buddhismo implica sul piano personale e spirituale.

Il Buddhismo individua un elemento base della sofferenza umana che è indicato nel concetto di “sete” traducibile con anche “brama” o “desiderio”, o anche “passione”. Conseguentemente il Buddha indica la via per l’estinzione di questo sentimento per poter sfuggire al dolore.

Una tale radicale affermazione sembrerebbe contrastare con l’aspirazione e il desiderio di tanti che si impegnano pieni di “passione” per cambiare il mondo, e lascia nell’ammiratore del Buddha una sorta di smarrimento ed anche imbarazzo.

Alla base della speculazione buddhista c’è la constatazione che ogni situazione in cui c’è una “distanza” tra ciò che si vorrebbe e ciò che è, o si ha, provoca un abbassamento del tono generale, in altre parole un allontanamento dalla felicità…Si introduce cioè nell’animo una sensazione di insoddisfazione per come stanno le cose, perché appunto si “desidera” che le cose siano diverse.

Poco importanza ha, dal punto di vista spirituale, se l’insoddisfazione sia causata dalla impossibilità di comprarsi una fuoriserie o dal fatto che il mondo non è in pace. Sono fini ed aspirazioni, “passioni” diverse, ma il loro mancato verificarsi può provocare lo stesso sordo senso di insoddisfazione….

L’obiezione del seguace della new age sarà che c’è una grande differenza tra le due “passioni” e questo è vero, ma non lo è per lo spirito. Se infatti una “passione” diventa sufficientemente forte, può portare a vivere profondamente insoddisfatti ed irritati per come le cose vanno “male” e può spingere anche alla rabbia e all’odio, a causa del mancato verificarsi del risultato atteso.

Questa è per inciso la ragione per cui le rivoluzioni non portano mai l’esito di cambiamento che all’inizio del movimento rivoluzionario si auspicava…..una volta raggiunto l’obiettivo, ma senza avere evoluto il proprio spirito verso un apprezzabile livello di estinzione della sete, si manifestano necessariamente tutte le paure, le passioni, gli egoismi che caratterizzavano la situazione precedente. Un movimento rivoluzionario avrà molta paura di esser rovesciato e di essere riportato alla situazione antecedente…per cui farà di tutto, per impedirlo, comprese le carcerazioni dei dissidenti ed anche l’omicidio dei controrivoluzionari.

La causa di questi comportamenti risiede nel fatto che il desiderio, la “sete” non è affatto estinta, e le persone non sono in pace, ma sono ancora vincolate agli esiti di quanto hanno cercato di realizzare.

Questo è ciò contro cui il Buddha punta l’indice. Se non ci si libera dal desiderio ( che le cose vadano come noi vogliamo) non sapremo costruire un mondo pacificato, ma solo un mondo in provvisoria tregua, pronto ancora al conflitto.

Ma il buddhismo non è passività o nichilismo, bensì il tentativo di proporre un modo di vivere incentrato sulla pace e sulla compassione, che tradotto in termini mentali significa: opera per il bene ma disinteressati del risultato. Fa’ il bene ma non aspettarti nulla. Solo così potrai raggiungere la pace interiore.

In altre parole uscire dal dualismo vittoria-sconfitta, svincolare la tua felicità all’esito di ciò che ti sei prefisso. E’ lo stesso concetto del cristiano: “ tu puoi seminare, ma è Dio che fa crescere”, o del “non sappia al tua mano destra cosa fa la sinistra.” O ancora “il mio regno non è di QUESTO mondo”.

L'ORIGINE DELLA SOFFERENZA


Il buddha disse che l’origine della sofferenza risiede nella sete.

Già, ma cosa è la sete?
La sete è la differenza che corre tra ciò che abbiamo e siamo e ciò che vorremmo avere ed essere. Il tutto si riduce a questo. Ed è bene capirlo bene questo concetto. La tensione tra ciò che riteniamo si debba avere ed essere rispetto a quello che riteniamo sia ciò che al momento abbiamo e siamo.

La tensione che si genera è chiamata in vari modi, ma alla fine si tratta solo di una cosa: desiderio…sete appunto. Del resto anche le parole hanno il loro significato…sete significa che sentiamo il bisogno di bere, ragion per cui non stiamo “bene”. Dobbiamo bere per poter stare meglio, no?

Ma se non avessimo sete, non avremmo bisogno di bere, non è vero?

Ecco quindi un altro concetto che si evidenzia. Il bisogno è una schiavitù ed una sofferenza. Se non hai bisogni sei molto più libero di chi invece li ha.

Fin qui è tutto abbastanza semplice…..i problemi nascono quando si comincia a vedere l’applicazione di questo principio….

Infatti si comincia a dire..sì, ok, giusto, però a me quella casa sulla collina con piscina piace così tanto….sì, ok, va bene, però se fossi il direttore generale……sì però..se il mondo fosse migliore, se ci fosse più giustizia nel mondo….si però….avessi un fisico migliore, fossi più giovane, più ricco, più colto, più……aggiungete quello che volete…

La tensione tra ciò che siamo e vorremmo essere, ma anche, allo stesso modo, tra come il mondo è e come lo vorremmo….è sempre presente, ad ogni livello di ragionamento….

Sorge allora, sulla base della forza di questa sete, la decisione di agire, di fare qualcosa per raggiungere quell’obiettivo, grande o piccolo che sia….ed inizia la lotta….

Ma quando si inizia a lottare, ci si comincia a preoccupare di come raggiungere l’obiettivo, subentra la paura di non farcela…..e studiamo le strategie per vincere e raggiungere l’agognato risultato. Scopriamo che vi sono ostacoli, che vi sono persone e gruppi che ci ostacolano e…quanto più il desiderio di raggiungere l’obiettivo è sentito, tanto più ci danno fastidio coloro che si mettono in mezzo…..e qualcuno comincia a pensare che se non ci fossero questi ostacoli, si potrebbe arrivare meglio e prima….e quindi forse, se potessimo togliere di mezzo quelli che ci ostacolano….

Capite dove porta tutto questo?

La pace già ce la siamo persa quando abbiamo deciso che avevamo un risultato da raggiungere…è subentrata l’ansia, il desiderio e la paura, ma poi trovati gli ostacoli si sono presentate anche la rabbia e l’avversione verso le circostanze e le persone che ci impediscono l’obiettivo…

Tale è la natura della sete.

E questa strutturazione della realtà in cui poniamo degli obiettivi da raggiungere, indica necessariamente l’entrata del dualismo…da un lato abbiamo ciò che c’è, ciò che siamo e dall’altra ciò che vorremmo essere ed avere….

Questo significa che il nostro mondo interiore è “spaccato”…da un lato avremo il “bene” che sono tutte le cose che vogliamo essere ed avere, e dall’altro avremo il “male” tutto ciò che non vogliamo avere ed essere e gli ostacoli a ciò che vorremmo avere ed essere.

E questo è il nostro albero della conoscenza del bene e del male. Il nostro VERO peccato originale. E’ attraverso questa porta “mentale” che entra nel paradiso terrestre del nostro spirito, nel nostro cuore, il desiderio e la sete, cioè il male…il desiderio di perfezione…e paradossalmente perdiamo proprio quella perfezione che già era presente fin dall’inizio….

07/02/12

LA NATURA DEL PENSIERO: IL PENSIERO POSITIVO E IL PENSIERO NEGATIVO


Uhmmm…forse ho esagerato nel titolo? Beh vediamo se riesco a dire qualcosa di adeguato. Sapete bene quanta importanza si dia al pensiero positivo… L’esortazione a “vedere” in rosa, il potere di far accadere le cose, the secret, la legge di attrazione, se vuoi, puoi ecc ecc.

Come sapete io invece esorto a fare gli speleoologi di noi stessi alla ricerca delle cose che non vanno per eliminarle. Mentre molti consigliano di andare verso l’alto, io consiglio di scendere verso il basso. Apparentemente due modi opposti di vedere il percorso di crescita-

Qualcuno avrà voluto vederci una mia avversione al pensiero positivo, ma non è davvero così, davvero no. E’ un po’ più complesso.

Prima di tutto dovremmo chiederci cos’è il dolore e cos’è la felicità, Sarebbe argomento titanico ma io sono un brutale semplicione e semplificatore e la riduco a questo. E’ dolore tutto ciò che indipendentemente da quello che sia davvero, noi lo “classifichiamo” tale. E’ piacere o per meglio dire gioia, tutto ciò che noi la classifichiamo tale. In poche parole la mia posizione è l’esaltazione della soggettività.

Ora cosa stabilisce che una cosa sta nella casella “buona” e l’altra sta nella casella “cattiva”? Risposta secca: noi, solo noi.

Infatti se ad esempio parliamo di un rapporto affettivo che si rompe, può essere classificato nella casella “disgrazia” se noi volevamo che il rapporto continuasse, ma lo metteremmo senza indugi nella casella “fortuna” se volevamo che la storia finisse. Ah beh, ovvio.., no? Mica tanto. Perché le ragioni per cui noi possiamo volere l’una o l’altra cosa sono assai diverse e soggettive. Si può volere che finisca perché ci siamo innamorati di qualcun altro o perché l’altro/a si è innamorato/a di qualcun altro, quindi due ragioni opposte che generano la prima gioia perché si pensa al rapporto nuovo e la seconda dolore perché si pensa al rapporto perso (sto volutamente tralasciando il travaglio che tali scelte procurano comunque perché mi interessa l’esempio in generale).

A loro volta le persone che prima erano in coppia ora sono separate, possono trovare altri partner con cui andranno benissimo e per cui spesso è un problema di relazione tra due persone e non un problema di solo uno dei due.

Quindi ciò che noi riteniamo “buono” un altro lo ritiene “non buono”.

Ma cosa avviene a livello del pensiero? Cosa è il pensiero?

Noi pensiamo secondo il linguaggio. Non siamo capaci di pensarne senza. Ma il linguaggio non è il pensiero, ma una rappresentazione del pensiero. Se penso “quel semaforo è verde” potrò crearmi un’ immagine del semaforo verde ed associerò l’idea di positività all’immagine perché verde significa poter passare senza fermarsi. Già. Ma se a quel semaforo c’è anche una concessionaria che espone la macchina che mi voglio comprare, allora il verde non lo considererò più “buono”, perché non mi permette di fermarmi a guardarla.

Attenzione perché l’esempio non è affatto banale. E ci dice molto sui processi mentali. Il dolore e la gioia sono esclusivamente dati dalle nostra classificazioni di ciò che è Bene e di ciò che è “Male”, ma anche questi due concetti sono convenzioni!

Essere soli è quasi sempre considerato fonte di dolore. Perché circola insistentemente questa idea che la solitudine sia una cosa negativa e tutti “assorbiamo” questo modo di valutare la cosa. Ma se andiamo a valutare quante volte la vicinanza di altre persone non sia stata affatto gradevole e consolante (attenzione all’uso subdolo del linguaggio….qui io uso la parola “consolante” e con questo inserisco in voi la suggestione inconscia che chi è “da solo” abbia bisogno di consolazione. Voi non ve ne saresti accorti se non avessi aperto questa parentesi, ed io avrei così rafforzato il senso comune che “solitudine è “male”) ci rendiamo conto che moltissime volte avere vicino qualcuno è più una disgrazia che una fortuna.

Quindi il pensiero, ed in particolare il pensiero “emotivo” è in realtà completamente condizionato dalle nostre classificazioni. Non c’è nulla di oggettivo.

Tornando al pensiero positivo, se mi dico “ tu sei forte e ce la farai” uso appunto il pensiero positivo, ma questo “pensiero” ha in sé il suo doppio negativo che è “ tu sei debole e non ce la farai”. La mia classificazione non è affatto cambiata….continuo a tenermi dentro un modo diviso di vedere le cose. Se invece mi dico “tu sei debole e non ce la farai” e riesco a far diventare questa paura un “niente”, sarò libero dalla paura di perdere e dal desiderio di vincere che è l’altra faccia della medaglia..ma se giungo a questo non avrò più necessità di essere “vincente” per essere contento, perché non esiste più l’eventualità che mi può rattristare, cioè l’essere perdente. Se considero la “perdita” una cosa assolutamente insignificante o addirittura utile (tempo fa postai la famosa frase di Edison che giunto al 1000esimo fallito tentativo di fare la lampadina disse: “ Conosco mille modi in cui non si deve fare”) non avrò più nulla che mi possa rattristare.

In fin dei conti, i concetti di vittoria e sconfitta, visti da vicino sono solo parole di 7 e 8 lettere. Quando si riesce a vederla così la libertà è vicina. Garantito.

06/02/12

SAPERE E CONOSCERE




Qual è la differenza tra sapere e conoscere? C’è differenza? Sì c’è.

Cos’è sapere? Sapere è avere concetti su un determinato argomento.
Ad esempio io posso sapere perfettamente come si guida una macchina…mi studio il manuale, capisco come è fatta l’auto, so dove si trova il pedale dell’acceleratore, quello del freno, il volante, il cambio e così via…Poi posso conoscere tutti i cartelli stradali e tutte le regole del codice della strada….sapere che se devo svoltare a destra spingo la levetta in alto e se devo girare a sinistra la spingo in basso…se devo frenare devo usare il piede dell’acceleratore, lasciarlo, e premere sul freno e allo stesso tempo premere la frizione per scalare la marcia o per lasciarla in folle, prima che la decelerazione non faccia spegnere il motore.

Posso sapere tutte queste cose, posso saperle molto bene, a menadito. Se facessi un esame, lo passerei con il massimo del punteggio.

Quindi se uno mi chiedesse: sai come si guida? Potrei rispondere Sì! So come si guida. Ma se mi chiedesse: sai guidare? La risposta dovrebbe essere no.

Perché per saper guidare, occorre fare CONOSCENZA dell’auto, del traffico, del mio corpo dentro un auto a gestire tutta quella somma di nozioni che ho appreso. E allora scoprirò che ad esempio tutte quelle cose le devo saper fare CONTEMPORANEAMENTE, mentre il mondo intorno a me gira vorticosamente….altre auto passano, seguono, incrociano, svoltano, mentre semafori si accendono, cambiano colore, persone attraversano la strada… No decisamente non è la stessa cosa sapere e conoscere, nient’affatto.
Conoscere vuol dire “fare esperienza” ed introiettare la “sapienza” che si è acquisita teoricamente. Non è un caso che per gli Ebrei “conoscere” una donna significa avere rapporti sessuali con lei e non dirle buongiorno o buonasera….

Ciò che troppo accade a tutti noi è che confondiamo sapere e conoscere e li mescoliamo…Sapere vuol dire conoscere una cosa dal “di fuori” e conoscere significa conoscere una cosa dal “di dentro”
Ma per conoscere una cosa dal di dentro occorre sporcarsi le mani, allenarsi, sudare, forgiare noi stessi.. ”applicare” il sapere.
E’ per questo che spesso si dice che quando non si sa fare una cosa la si insegna…ti permette di rimanere nel teorico.
Conoscere significa soffrire, come quando si fanno le prime guide con l’istruttore o dopo aver appena preso la patente….ma il premio è il controllo di sé, il potere, la libertà.

In tutte le cose dovremmo mirare alla conoscenza e sapere sempre a che punto siamo nel processo.

05/02/12

BUDDHISMO E CRISTIANESIMO - CONTIGUITÀ


Posto qui un raffronto tra le indicazioni dell'ottuplice sentiero del Dhamma buddhista e le frasi e i precetti del Cristianesimo, per evidenziare, in pieno sincretismo, le assolute contiguità tra le due tradizioni...per chi voglia fare uno sforzo ed ampliare i propri punti di vista.....

BUDDISMO E CRISTIANESIMO - CONTIGUITÀ


L'Ottuplice Sentiero del Buddha e Cristianesimo

la retta visione: cioè il riconoscimento delle "Quattro Nobili Verità" attraverso la loro corretta conoscenza e la conseguente loro corretta visione.

Mt 19:16-22
Ed ecco un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna? Egli rispose: perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti. Ed egli gli chiese quali? Gesù rispose: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso. Il giovane gli disse: ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora? Gli disse Gesù: se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi. Udito questo, il giovane se ne andò triste poiché aveva molte ricchezze.

In questo passo Gesù esemplifica l'effetto dell'attaccamento alle cose terrene e più in generale l'attaccamento come atteggiamento mentale..la stessa cosa espressa nelle 4 nobili verità
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la retta azione: cioè l'azione non motivata dalla ricerca di egoistici vantaggi, svolta senza attaccamento verso i suoi frutti.

Mt 6:2-4
"Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua mano sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà"
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la retta parola: cioè l'assunzione della personale responsabilità delle nostre parole, ponendo attenzione nella loro scelta e ponderandole in modo che esse non producano effetti nocivi sugli altri e di conseguenza a noi stessi; ciò significa anche che il nostro agire deve essere improntato al nostro parlare e corrispondere ad esso.

Mt 5:20-26
Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli.

Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: “Raca”, stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.

Mt 5:37
''Sia il vostro parlare si' si', no no, il di piu' viene dal maligno''
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la retta intenzione: cioè il corretto impegno sostenuto dalla "Retta visione" nel padroneggiare l'attaccamento (al desiderio di vivere, alla brama ed all'avidità di esistere, di divenire o di liberarsi, al desiderio di affermare il proprio presunto «sé esistente») e dalla compassione

Mt 6:1-6
Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà
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il retto modo di vivere:cioè vivere in modo equilibrato evitando gli eccessi, procurandosi un sostentamento adeguato con mezzi che non possano arrecare danno o sofferenza agli altri. Questo comporta anche la corretta padronanza delle proprie intenzioni, in modo che esse siano sempre orientate e dirette lungo la linea mediana di condotta di vita

Levitico - Antico Testamento 19:35-36
Non commetterete ingiustizie nei giudizi, nelle misure di lunghezza, nei pesi o nelle misure di capacità. Avrete bilance giuste, pesi giusti, efa giusto, hin giusto. Io sono il Signore, vostro Dio, che vi ho fatti uscire dal paese d'Egitto.
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il retto sforzo: cioè lasciare andare gli stati non salutari e coltivare quelli salutari. Significa anche confidare nella bontà della propria pratica buddhista perseverando con un corretto ed equilibrato impegno nello sforzo, motivato dalla fede

Mc 11:24
Perciò vi dico: Tutte le cose che domandate pregando, credete di riceverle e le otterrete.
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la retta presenza mentale: cioè la capacità di mantenere la mente priva di confusione, non influenzata dalla brama e dall'attaccamento

Lc 6:41-42
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
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la retta concentrazione: cioè la capacità di mantenere il corretto atteggiamento interiore che porta alla corretta padronanza di sé stessi durante la pratica della meditazione

Mt 5:3 -10
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il Regno dei Cieli.