20/09/12

L'ACCETTAZIONE

Accetta, elimina il rifiuto..e basta. Accettazione è un termine ambiguo, può essere assimilato semanticamente come "rassegnazione" che infatti non è accettazione ma resa....Cancellare la contrapposizione. Questo è il segreto.

ESISTONO I PECCATI?

State attenti a quando vi dicono che i peccati non esistono. Non fatevi ingannare dal linguaggio. Peccato vuol dire mancanza di perfezione e non è un atto ma uno stato dell'animo, da cui conseguono gli atti. Gesù disse che se anche guardaste vostra moglie con concupiscenza, commettereste adulterio con lei nel vostro cuore. Come si vede non ce n'è per nessuno;chi si salverà? Dice il Vangelo con Pietro. Ma il punto vero è che l'insegnamento spirituale non è una cosa che a che fare con i cieli azzurri e gli angeli, ma con la distruzione dell'Ego. Se ci facciamo spaventare da una parola come peccato, o da qualsiasi altra parola, significa che abbiamo dentro di noi la pretesa di perfezione,vogliamo sentirci "a posto" "giusti", è la stessa cosa di quando vogliamo essere i migliori, i più bravi , i più famosi.....sempre Ego a manetta, accettiamo invece l'idea della nostra imperfezione,della nostra mediocrità,questo è l'insegnamento del Vangelo e del Buddha e di tutti i "veri" maestri. Accettiamola....non siamo Dio, accettiamola e allora sì avremo qualche chance di evolverci.

18/09/12

IL BISOGNO DI RICEVERE APPROVAZIONE

Il bisogno impellente e costante di ricevere approvazione o di esser al centro dell'attenzione, risiede nelle influenze subite nei primi anni di vita, ma non solo, anche nell'esagerata importanza che si da' alle opinioni altrui...è ovviamente una Carica Mentale Subconscia (CMS ) che ripete ossessivamente: "ditemi che sono bravo, che sono intelligente, che sono simpatico ecc" o concetti simili...Tali Cariche Mentali Subconscie si formano e si radicano ancor di più nelle persone che hanno avuto pochi riconoscimenti del loro valore in età infantile, quando le difese e le capacità di elaborare concetti e comportamenti è ovviamente minima. Nel bambino la mancanza di affetto e riconoscimento si traduce in senso di pericolo, di isolamento, che significa anche, traslatamente, pericolo di morte. Purtroppo queste paure che prendono forma di pensieri-frasi, si radicano nel subconscio e cominciano a fare i loro danni...che vengono poi compensate dai comportamenti tesi a ridurre il senso di pericolo ed isolamento. https://www.facebook.com/groups/dse.tecnica/

I NOSTRI PROCESSI DI PENSIERO

E' molto difficile accorgersi che i nostri processi di pensiero, sono solo espressione di una macchina che si chiama mente con la quale ci immedesimiamo. Non riusciamo a vedere che le nostre convinzioni, i nostri valori, le nostre idee, cambiano con il tempo e che nulla o quasi resta di ciò che credevamo e pensavamo anni prima. Continuiamo a pensare che il nostro "io" sia ciò che pensiamo allo stesso modo in cui ci identifichiamo con un corpo che invece cambia. Quando, per caso, ci capita di accorgerci che ciò che siamo è "l'osservatore" dei propri pensieri e che la mente è solo uno strumento, cominciamo a capire l'impermanenza della realtà e che esiste il "Permanente" "l'immutabile" E' in questo momento che si creano le condizioni, da un lato, per una vera conversione e dall'altro per una liberazione dalla schiavitù della psiche. Quando infatti la natura impermanente della mente e dei pensieri risulta chiara alla comprensione, e si radica nella certezza, si può con maggior leggerezza affrontare le paure, le angosce, le rabbie, gli scoramenti, che la mente ci propina continuamente non potendo più fare l'errore di considerarle "vere" e soprattutto "nostre".

12/09/12

PROCEDERE VERSO LA LIBERTA' SPIRITUALE

...per procedere verso la libertà spirituale bisogna fare un piccolo e faticoso passo alla volta, cercando di sfrondare mente e cuore un ramoscello per volta, limitandosi per il momento a cercare di diventare un po' meno dipendente dalle migliaia di piccole schiavitù della mente, dell'ego e del corpo, che urlano il loro attaccamento alla terra sapendo che l'asintoto tende all'infinito senza mai raggiungerlo...

IL BENE E IL MALE

Pensate di sapere cos'è il bene e cos'è il male? Sbagliate. Perchè? Forse perché penso di saperlo io e voglio illuminarvi? No. Il problema è che NON è possibile "saperlo". Perchè? Perchè quando anche pensaste di saperlo, vi ingannereste, o meglio, ci inganneremmo. Il Cristiano dirà: il Bene é Gesù Cristo nostro signore, che è morto per noi e che è Dio incarnato. Già. E allora? Cosa ne consegue? Che chi non è cristiano è nelle menzogna, è nel peccato, è posseduto da Satana? E quindi cosa facciamo verso questi "assatanati"? Li disprezziamo, li combattiamo, li mettiamo al rogo (ora non più per fortuna), li tacciamo di "laicismo" li insultiamo, li odiamo, preghiamo per loro e diciamo al nostro Dio "meno male che non siamo come loro!": io vado in chiesa tutte le domeniche, faccio la comunione, mi confesso, io sì sono un cristiano, un buon cristiano. E mi salverò dal giudizio di Dio! E dimenticano la parabola del fariseo e del peccatore in fondo alla sinagoga. E così il male che noi abbiamo così brillantemente individuato nel non-essere cristiani, si camuffa da superiorità e rientra dalla finestra dell'orgoglio religioso, pronto a riseminare divisione. Ma c'è invece il saggio Buddista che dice o pensa: ah, questi fanatici della religione che creano Dei dai cui si fanno condizionare e non vedono la natura della schiavitù della mente. Si mettono nelle mani di un Dio che non agisce che non fa nulla perché non esiste e se ne fanno completamente condizionare mentalmente, non rendendosi conto della natura impermanente della mente e dei pensieri... E così anche loro saggi e illuminati dalla conoscenza, non vedono quanto può liberare la mente l'aver davvero fede, quanto la fede sia necessaria per la liberazione della mente e si arroccano nella loro pretesa superiore conoscenza dimenticando il famoso aneddoto del Buddha che metteva in guardia il discepolo dalla conoscenza: "il contrario della conoscenza è libertà o discepolo." E così ci ostiniamo a non capire che quando riteniamo di aver ragione diventiamo orgogliosi, superbi, insensibili ed anche mentalmente ottusi. E allora dovremmo riflettere sul frutto di quell'albero della conoscenza del Bene e del Male che tanto danno ci ha portato e porta tuttora. Un frutto dolce e desiderabile al primo morso, ma amaro, urticante, indigesto nello stomaco, quando viene assimilato dalla mente vanitosa e digerito dall’ego assolutizzante.

OPINIONI – VALORI - FEDI

La religione, nelle differenti tradizioni, si è stratificata nelle coscienze e nelle subcoscienze dei popoli come strutture di opinioni, credenze, atteggiamenti, in una parola “culture” che sistematizzano, strutturano e rendono organica la concezione dell’inconoscibile. Ciò che in effetti possiamo identificare come religione per distinguerlo da tutte le altre “culture” come insieme di opinioni, credenze, atteggiamenti, convinzioni su ciò che è giusto o sbagliato è il fatto che la religione “tratta” di ciò che è inconoscibile e, al tempo stesso “al di sopra” dell’esperienza umana. Infatti, quando gli uomini costruiscono, creano, strutturano “culture” del ”al di qua”, cioè all’interno del conosciuto o almeno del conoscibile, creano discipline, a vario titolo, scientifiche o umanistiche. Parliamo qui delle scienze naturali, della fisica, della matematica, della medicina, della filosofia, della psicologia, dell’antropologia, della sociologia, della politica, dell’economia. Anche queste discipline hanno al loro interno strutturazioni di pensiero che possiamo riclassificare secondo schemi tipici delle religioni. In tutte queste discipline abbiamo: “corpus” dottrinale, ortodossia, eterodossia, valori, sacerdoti, eretici e profeti. E’ così ovviamente nella politica e nelle sue dottrine, nell’economia, nella matematica, nella fisica, nella psicologia, nella biologia ecc. Vi basti ricordare quali conflitti vi sono stati tra capitalismo e comunismo; tra teoria darwiniana e i suoi avversari, tra fisica newtoniana e relativistica; tra psicoanalisti e psicologi e tra psicoanalisti freudiani e junghiani. I conflitti quindi tra gli uomini per difendere o confutare le loro o altrui opinioni, sono caratteristica comune sia degli uomini “religiosi” che “non” religiosi. Per qualche ragione connaturata all’essenza umana, gli uomini tengono moltissimo alle loro opinioni o a quelle che ritengono essere le loro opinioni (anche se a volte non lo sono). ------------------------------------------------------------------------------------------------------- Le Fedi , I Valori, Le Opinioni: STRUTTURA PSICOLOGICA ----------------------- Cosa è un’opinione, un valore, una fede? La prima risposta che vi verrà di dare sarà in effetti un’obiezione: opinioni, valori e fedi sono cose molto diverse, vero? No, falso. L’unica differenza, sotto il profilo psicologico, del comportamento della mente intendo, è di tipo quantitativo, ma non qualitativo. Un’opinione, un valore, una fede sono la medesima cosa con intensità, potremmo dire con “carica mentale”, differente. Un’opinione è un concetto insito, inserito, nella mente che è per così dire “moderatamente condiviso” dalla persona, ma che non di meno può essere, in vista del realizzarsi di determinate condizioni, cambiato. Infatti, nel linguaggio comune si tende ad affiancare aggettivi rafforzativi quando l’opinione è fortemente radicata: si dice infatti, per esempio: “è mia ferma opinione”… implicitamente affermando che l’opinione da sola sia in una certa misura “debole”. Le opinioni nel loro significato corrente, sono punti di vista sui più diversi argomenti, che hanno la caratteristica intrinseca di essere “personali” di chi le esprime e che non hanno, agli occhi di chi le manifesta la pretesa di essere verità assolute, ma tutt’al più “verità” relative. Di norma le opinioni vengono espresse sui più svariati argomenti del consesso sociale: dalla scienza alla politica, dalla filosofia alla pedagogia, dalla economia alla storia. Diverso è invece il caso dei valori. Qui l’intensità dell’opinione è molto più forte, radicata e coinvolgente. Quando una persona parla di “valori” dei suoi valori, la disponibilità a rimetterli in discussione e rivederne le caratteristiche, è molto, molto più scarsa che nel caso delle opinioni. Quando si tratta di valori è di norma investita della questione la parte più intima della persona. Essi sono “la struttura” su cui fonda la personalità nel suo complesso; è per così dire la struttura portante di una persona, allo stesso modo in cui un palazzo ha le mura portanti per rimanere in piedi. Se anche una sola delle colonne portanti di un edificio cede, ci sono buone probabilità che l’intero palazzo crolli. Per proseguire con il parallelismo edilizio, se i valori sono le mura portanti, le opinioni rappresentano le mura interne dei singoli appartamenti, che danno “l’aspetto” in cui ci troviamo più a nostro agio, che meglio disegna e definisce i nostri gusti ed inclinazioni, ma che non di meno, possiamo anche decidere di cambiare, per avere una prospettiva nuova e diversa del nostro esistere. I valori invece sono qualcosa di più radicato, più forte. Sono, nella mente, qualcosa di costitutivo, che da’ l’identità della persona. Sono qualcosa per cui anche modificarne uno soltanto, si rischia il “crollo” della propria identità. Infatti, nel caso di un cambiamento di valori, sono richiesti dapprima ponteggi di sostegno, strutture alternative e soprattutto, la costruzione di un “nuovo pilastro”, cioè un nuovo valore, prima che ci si possa arrischiare di far crollare quello precedente. Ancora diverso e più ancora radicato è il concetto di fede. La fede, le fedi, poco conta se immanenti o trascendenti, se riguardanti l’Assoluto, Dio o qualche altro aspetto più materiale e mortale, sono “le fondamenta” della persona, sono il basamento cioè, senza il quale non esisterebbe alcuna possibilità di avere un palazzo. Senza fondamenta non ci sono “strutture portanti” né tanto meno mura divisorie, porte, finestre. Le fedi sono, per così dire, opinioni così forti da non essere nemmeno ipotizzabile pensare che possano essere cambiate. Se viene toccata la fede, vale a dire quegli aspetti della persona che la definiscono e che quindi, diversamente dai valori che invece “strutturano” la personalità, rappresentano gli elementi ESSENZIALI della persona, viene toccata, modificata, stravolta alla base, la persona stessa in quanto tale. Oggi, in piena era informatica potremmo anche dire che se le opinioni sono il software per scrivere, disegnare, ascoltare musica, e i valori sono il “sistema operativo” che fa da supporto alle opinioni, le fedi sono il firmware, senza il quale il nostro computer non potrebbe nemmeno accendersi. Usciamo dalla metafora. Quali sono le fedi? Le fedi non sono, o non sono soltanto, le radicate convinzioni sull’essenza di Dio, sulla vita ultraterrena, sul paradiso e l’inferno, il Bene e il Male e tutti gli aspetti legati classicamente alla religione. Anzi, come avremo modo di analizzare più oltre, a volte questi aspetti non sono più che labili opinioni. Abbiamo detto che le fedi sono il firmware e le fondamenta. Bene quali sono le fedi dell’Uomo? Le fedi sono prima di tutto una cosa: certezze. Non sono valori, perché i valori sono, in una certa misura, aspetti soggettivi, ancora riconosciuti come caratterizzati da soggettività, anche se meno aleatoriamente delle opinioni. Chi esprime dei valori sa che altri suoi simili possono e in effetti hanno, valori diversi, e questo è più o meno accettato. Ma quando si parla di fedi, si parla di certezze, non di aspetti ritenuti soggettivi, bensì OGGETTIVI. Quali sono quindi queste oggettività? Quali sono le nostre “fedi”?

IL BATTESIMO

Tutti sappiamo cos’è il battesimo, no? Porti tuo figlio di pochi giorni o mesi, e il sacerdote ti fa il suo rito e ti battezza nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo e ti da’ così il primo sacramento che dovrebbe salvarti. Il vaticano lo definisce così: ….1213 - Il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d'ingresso alla vita nello Spirito (« vitae spiritualis ianua »), e la porta che apre l'accesso agli altri sacramenti. Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione:4 « Baptismus est sacramentum regenerationis per aquam in verbo – Il Battesimo può definirsi il sacramento della rigenerazione cristiana mediante l'acqua e la parola ».5 I. Come viene chiamato questo sacramento? 1214 Lo si chiama Battesimo dal rito centrale con il quale è compiuto: battezzare significa « tuffare », « immergere »; l'« immersione » nell'acqua è simbolo del seppellimento del catecumeno nella morte di Cristo, dalla quale risorge con lui,6 quale « nuova creatura » (2 Cor 5,17; Gal 6,15). 1215 Questo sacramento è anche chiamato il « lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo » (Tt 3,5), poiché significa e realizza quella nascita dall'acqua e dallo Spirito senza la quale nessuno « può entrare nel regno di Dio » (Gv 3,5). Come potete vedere, la Chiesa Cattolica indica nel battesimo la liberazione dal peccato (che significa imperfezione, mancanza) l’adozione come figli di Dio e significa la nascita dall’acqua. Ora da dove viene questo “sacramento” e come si giustifica? La nascita del rito del Battesimo è da ascrivere a Giovanni Battista che ai suoi discepoli faceva praticare, quale segno della loro scelta di pentirsi e di diventare suoi discepoli, il rito dell’immersione in acqua. In seguito Paolo di Tarso (S.Paolo) ne ascriverà il significato alla crocefissione di Gesù, grazie alla quale il credente è battezzato e rinnovato nello Spirito Santo. La Chiesa Cristiana ha poi trasformato questo rito nel passaggio obbligatorio per la salvezza dell’anima…un automatismo che il rito assicurerebbe. Questa ritualizzazione e “magificazione” di alcuni riti detti sacramentali forzano e dis-torcono il significato dei riti stessi e al contempo attuano una pericolosa de-responsabilizzazione del credente e dell’uomo in cammino. Oggi i cosiddetti Testimoni di Geova praticano il battesimo da adulti e solo dopo la scelta dell’adepto ad aderire al loro gruppo religioso. Ebbene, questo, a mio avviso, rappresenta il vero e più corretto modo di intendere il battesimo. E’ infatti il più aderente a quello che fu il battesimo di Giovanni Battista che somministrava il battesimo con immersione in acqua dopo l’adesione a suo discepolo del credente nella sua predicazione. L’acqua, nella simbologia ebraica è la rappresentazione della sapienza e come tale è il segno più propriamente della conversione, del momento cioè in cui il ricercatore prende coscienza e conoscenza che il precedente modo di intendere l’esistenza era sbagliato e va progressivamente abbandonato. Conversione infatti indica “cambiamento radicale di direzione”, ma tale scelta è fatta dal discepolo che consciamente la compie. Proprio per questa ragione, scelta libera ed autonoma, essa andrebbe fatta in piena consapevolezza e segnare l’inizio di un percorso nuovo verso la liberazione spirituale e la fede, cosa che un neonato non può certo fare. Affermare, come la Chiesa ha sempre fatto, che la pura mancanza esteriore di questo rito, condannasse la persona alla impossibilità di entrare nel Regno dei Cieli appare monumentale sciocchezza. Appare invece una verità tautologica che la mancata reale “conversione” rende impossibile la salvezza perché manca la decisione primaria di incamminarsi verso l’Assoluto. L’interpretazione inoltre della Chiesa circa l’azione battesimale quale lavacro operato dallo Spirito Santo, è inconciliabile con o duplicato della Cresima. Perché’ per la Chiesa Cattolica la Cresima è “è un sacramento che ci dà lo Spirito Santo, imprime nell’anima nostra il carattere di soldato di Gesù Cristo, e ci fa perfetti cristiani.” Salta agli occhi la sovrapposizione con la definizione data all’inizio su lavacro fatto dallo Spirito Santo. Tale sovrapposizione è inevitabilmente data dalla scorretta definizione del battesimo che dovrebbe avere solo la simbologia sopra indicata di “conversione” che indica l’inizio del cammino, ma non può includere l’intervento dello Spirito Santo che di per sé, dovrebbe dare la “perfezione” . Ovviamente anche la cresima non rende perfetti cristiani….l’osservazione e le statistiche ci confortano nella convinzione che come si dice “lo Spirito soffia dove vuole” e si fa un baffo dei nostri pomposi riti….come dice il Nazareno, Il Cristo Crocifisso e Risorto, “ non chi mi dice Signore Signore entrerà nel Regno, ma chi fa la Volontà del Padre mio”

MEDITAZIONE CRISTIANA E BUDDHISTA - LA NUBE DELLA NON CONOSCENZA

Questo brano è tratto da “La nube della non conoscenza”un testo di un anonimo mistico cristiano inglese del XIV° secolo. Si noti come, al di la’delle tipiche espressioni della cultura cristiana di quel tempo, l’autore consideri il pensare, il lavorio della mente, come ostacolo alla unione mistica con Dio, cioè con il divino. Se si provasse a sostituire le dotte teologiche riflessioni di matrice cristiana con altri ragionamenti di altra natura, fossero anche di matrice buddista o induista, l’insegnamento sarebbe comunque quello di liberarsene, per poter arrivare al contatto con il divino, o nel samadhi, usando altra espressione. Il documento è di rimarchevole importanza nel avallare la validità dell’approccio sincretista che successivamente anche S.Giovanni della Croce avallò con le sue riflessioni nella “salita al Monte Carmelo” L’importanza di questo testo è data anche dal fatto che l’autore non risulta avesse avuto “contaminazioni” culturali con l’Oriente, ma che strutturi tutti i suoi insegnamenti spirituali sulla base della sua esperienza diretta. In buona sostanza questo anonimo come poi S. Giovanni della Croce, indica che perfino l’idea di Dio e del Cristo Salvatore sia in definitiva di ostacolo all’ascesi. La stessa medesima cosa che professa il Buddismo. L’ascesi è quindi un processo dovuto alla liberazione dei vincoli della mente e dei suoi processi. Ed è specificatamente in questa sintesi che si colloca il sincretismo…al di la’ di quello che SEMBRA diverso secondo le costruzioni concettuali-mentali-culturali, vi è un obiettivo da raggiungere assai simile, per non dire identico. (Elitheo Carrani) --------------------------------------------------------------------------------------------------- Tratto da “La nube della non conoscenza”pag. 142 – 143 Ed. Ancora Milano III° ed. 11/1983 [….] Come ci si deve comportare nei riguardi dei propri pensieri, specie quelli che nascono dall’avidità di sapere e dell’intelligenza naturale. E se per caso sorge dentro di te qualche pensiero e viene a intromettersi tra te e questa oscurità, ponendoti continuamente queste domande: “ Cosa cerchi? E che cosa vorresti avere?”, allora devi rispondere che è dio che vorresti possedere: “ E’ lui che desidero, lui che cerco, lui e nient’altro che lui”. E se quel pensiero dovesse chiederti: “ Che cos’è questo Dio?”, rispondigli che è colui che ti ha creato e redento, e che per sua grazia ti ha chiamato al suo amore. E di lui – continua pure – tu non sai assolutamente niente. Digli dunque: “ In basso, vattene giù in basso!”, e non esitare a calpestarlo con uno slancio d’amore, anche se può sembrarti un pensiero santo e inteso ad aiutarti nella tua ricerca di Dio. Forse ti richiamerà alla mente aspetti diversissimi della sua meravigliosa bontà, e riaffermerà che Dio è in sommo grado dolcezza e amore, grazia e misericordia. Se ti metterai ad ascoltarlo, ricordati che non chiede di meglio. Infatti andrà avanti a chiacchierare sempre più, e per finire ti ricondurrà giù al pensiero della passione di Cristo. Lì ti mostrerà la meravigliosa bontà di Dio, e se vi presterai attenzione, non farai altro che il suo gioco. Subito dopo, infatti, ti farà vedere la tua misera vita passata, e nel ripercorrerla può darsi che riesca a fermare la tua attenzione su qualche posto in cui hai vissuto tanto tempo prima. Cosicchè, senza nemmeno rendertene conto, eccoti ricacciato non si sa dove, nella disperazione. E quale ne è la causa? Il semplice fatto che dapprima hai prestato ascolto di buon grado a quel pensiero, poi gli hai risposto, l’hai accettato, e infine l’hai lasciato fare. Ciò nonostante, quel pensiero era buono e santo, sì, così santo che, paradossalmente, nessun uomo o donna può sperare di giungere alla contemplazione senza una buona base di dolci meditazioni sulla propria miseria, sulla passione di nostro Signore, sulla bontà di Dio, sulla sua magnanimità e perfezione. Tuttavia, quando uno ha fatto queste meditazioni per molto tempo, deve lasciarla e ricacciarle lontano sotto la nube d’oblio, se vuol veramente sperare di perforare un giorno quella nube della non-conoscenza che sta tra lui e Dio.

CRISTIANO! CHE SIGNIFICA?

Riporto qui un mio vecchio intervento su riflessioni.it (2006) che constato oggi essere ancora di attualità e che quindi ritengo interessante riproporre ------------------------------------------------------ Premetto che sostanzialmente mi ritengo filosoficamente Cristiano. Dico filosoficamente perché sarei in grave peccato d’orgoglio definirmi “ontologicamente” o “spiritualmente” cristiano. E sarebbe anche una patetica menzogna. Non vorrei trovarmi a fare il fariseo che si incensa..... Filosoficamente cristiano significa che penso due cose: la prima è che l’insegnamento di Gesù di Nazareth è ontologicamente (qui sì occorre dirlo), spiritualmente, eticamente e filosoficamente “p e r f e t t o”. Non mi addentrerò per problemi di tempo e per la complessità dell’argomento, nella spiegazione del perché tale insegnamento è perfetto. E la seconda è che la perfezione (dimostrabile ontologicamente ed eticamente) del messaggio è di per sé forte argomento a favore della “messianicità” del Cristo. L’esistenza in vita di Gesù è più che provata storicamente. Ciò su cui si può argomentare è se davvero ciò che si racconta della sua vita sia realmente accaduto nei modi che ci sono stati tramandati. Ma il punto vero è un altro. La predicazione di Gesù è per il "peccatore" molto più importante della natura stessa di Gesù. Infatti Gesù dice “Non chi mi dice Signore Signore entrerà nel regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio”. E la volontà del Padre, i Vangeli lo ribadiscono a più riprese, è amare Dio e amare il prossimo, vale a dire essere interiormente “prossimi” a Dio e agli uomini. Senza di ciò non c’è salvezza per l’uomo. Ho letto in alcuni interventi che il Cristianesimo è svuotato dal porre l’attenzione sul messaggio, che rimane solo parola vuota. Come ad esempio scriveva un mio interlocutore: “è sempre curioso leggere che l'importante non è tanto che sia esistito Gesù quanto il valore del suo messaggio ma qui vi è la contraddizione più enorme che svela anche quanto del suo messaggio non possa importare piu di tanto se non nulla.” Qui è l’errore purtroppo. Il messaggio è TUTTO. Se il messaggio non è accolto ed assimilato, digerito, fatto diventare parte del proprio vivere, allora sì che non vale nulla. Ma non vale nulla per chi lo ha ascoltato e non accolto, non in se stesso in quanto messaggio. il mio interlocutore proseguiva così: “Il vero, reale messaggio del Cristo infatti sta proprio nel suo corpo, nella sua passione, morte e resurrezione. Questo è ciò che ha dirottato la storia umana verso un orizzonte nuovo, per essere liberati dal peccato, non libri di testo, non illuminati o maestri di consapevolezze varie, non un bel messaggio solo a parole , parole seppur vere d'amore ma l'amore che si è rivelato nella sua persona fino alla morte, e alla morte di croce, e la resurrezione dove solo un amore infinito poteva annientare la morte.” Cioè? Cosa significa? Qui si echeggiano i sermoni della domenica, il cui scopo (nobile sicuramente ma..) è quello di innalzare la figura del Cristo che attraverso la sua morte “salva” gli uomini con la Croce. Ma quale dovrebbe essere il risultato delle frasi appena lette che (notatelo) stanno comunque mandando un altro, ulteriore messaggio? Quello di generare FEDE. E anche culto della divinità. E infine fede nella verità degli insegnamenti di Gesù stesso. Cosa ci viene detto dicendo che Gesù è il Salvatore? Che Gesù è VERO e quindi va CREDUTO e quindi va ascoltata la Sua parola. Ovverossia si torna al messaggio, che è il vero centro del cristianesimo. Il resto è fuoco d’artificio. La cosa più paradossale è che il Cristianesimo ( e il Cattolicesimo in primis) si è così profondamente occupato nei secoli di "elevare" la figura di Gesù, al punto tale che la religione popolare ha acquisito nel suo profondo che essere Cristiani è adorare Cristo ( o ancora più traslatamente, la Madonna) e non mettere in pratica i suoi insegnamenti, che rimangono là, sullo sfondo, come una giaculatoria da ascoltare alle prime due letture della messa domenicale, e poi …...andiamo a vedere la partita, paghiamo le tasse quando abbiamo voglia, guardiamo i realities, spettegoliamo un po’ a destra e a sinistra, e così via fino a domenica prossima. Dice Gesù: Chi non mette in pratica i miei insegnamenti non entrerà nel Regno dei Cieli………… Per cui non ci si illuda. La strada della liberazione e salvazione è nostra responsabilità e fino a quando non saremo capaci di elevarci ad un livello “ontologico” più che “etico” richiesto e disegnato nei Vangeli (e non solo nei Vangeli), non saremo andati da nessuna parte.

11/09/12

PAURA DI AMARE

Cosa determina la paura di amare? E' la paura di non essere corrisposti. Ma quindi che vogliamo? Vogliamo amare o essere amati? Perchè se vogliamo essere amati siamo in mano agli altri, inevitabilmente....e siamo anche in mano, in potere, a d un bisogno. Se invece vogliamo amare, la "ricompensa" è già insita....abbiamo già esaudito il desiderio, punto. Ora, occorre fare chiarezza...perchè se siamo alla ricerca di essere amati stiamo cercando di prendere, se siamo alla ricerca di dare amore, stiamo cercando di dare. In verità, nella gente "normale" come noi, ci sono sempre entrambe le cose...ma perchè noi non amiamo "tutti"? (sì, eh, poche balle, NON amiamo tutti, non raccontiamocela) Non amiamo tutti perchè SELEZIONIAMO. Vogliamo amare quelli che ci piacciono, vogliamo che le nostre aspettative siano soddisfatte! Quindi i primi a non amare siamo NOI! Chi ama quello che ha delle idee diverse dalle nostre, opposte? Chi la pensa diversamente?.......Allora, la via va percorsa, con pazienza, un passo alla volta, nel tentativo di cominicare ad amare, o almeno rispettare anche chi non ci piace tanto....ma per fare questo occorre trovare equilibrio interiore....spegnere bisogni e le seti, le paure e gli odii. Amare non vuol dire preferire, piacere, essere d'accordo. Quando c'è questa armonia e unità di intenti, chiunque può amare il suo prossimo...non richiede alcun sforzo. Amare ciò o chi non condividiamo è la vera sfida....perchè solo così la guerra tra gli esseri può finire....ma per fare questo occorre arrivare alla scissione tra giudizio e sentimento, tra concetto ed emozione, tra stabilire ciò che è giusto e avversare l'ingiusto. Non a caso il saggio è colui che ha raggiunto la pace interiore, pace che non si può raggiungere se emotivamente si avversa ciò che non si condivide. Solo portando le proprie emozioni ad una positività stabile si può raggiungere la pace e per riuscirci occorre accettare emotivamente il male nel mondo, anche se ci si adopera per superarlo. Ovviamente questi sono obiettivi molto elevati per persone comuni come siamo noi. Ma quello che conta è fare qualche passo nella giusta direzione....la meta è l'infinito....